venerdì 25 luglio 2014

Quattro chiacchiere su passato e futuro di un rito esoterico ormai per troppi

 Photo Italia n°33 Gennaio/Febbraio 2000,estratto da:intervista a Enzo Sellerio.

Quando il signor Bic invento' la penna a sfera,chi l'adoperava non si considerava uno scrittore. Lo stesso non si può dire che avvenga ai nostri giorni con la macchina fotografica.Chi la prende spesso confonde l'avere(la macchina) con l'essere (fotografo).Oggi la fotografia-così com'è divenuta-si trova in una situazione di grave pericolo. Nel campo dell'immagine -dove è impossibile la rottamazione-il divario tra una produzione in crescita inarrestabile e un consumo sempre più degradato s'è allargato di giorno ingiorno a detrimento della qualità,provocando un inquinamento otticonon inferiore a quello acustico.
Vede una via d'uscita?
Aspetto l'invenzione di una macchina "ecofotografica" che si rifiuti di registare leimmagini insignificanti.A parteglischerzi,oggi vedo in girounaquantità di mostre inconsistenti,dominate da un eccessivo concettualismo che porta alla realizzazione di immagini aleatorie,che necessitano di giustificazioni per trovare un senso. Le chiamo "fotografie con le stampelle",peccato però che le stampelle spesso siano rotte e non reggano nulla. Nè possiamo aspettarci alcun conforto da quella critica d'arte che,così come aveva fatto con la pittura, sta spingendo la fotografia verso un minimalismo che,nella sua soluzione finale,precipiterà nel baratro del nulla.
E per quanto riguarda invece il fotogiornalismo?
I "magazines" oggi sono veri e propri "magazzini" di immagini pubblicitarie,dove sesso e colore impazzano,interrotti ogni tanto da qualche splendido reportage del Salgado di turno che,per lo più in bianco e nero,finisce però per avere un sapore vagamente luttuoso. Vi è anche una estetizzazione della miseria.
Questo avviene sopratutto in televisione.
La televisione ci ha sviluppato una sorte di riflesso condizionato.Se non vediamo un massacro al giorno non siamo contenti. Ci riuniamo alle ore dei pasti di fronte al caminetto televisivo e ci consoliamo sollevati allo spettacolo delle disgrazie degli altri. Il caminetto-tv ci offre quotidianamente una sorta di patchwork colorato delle miserie altrui che ci distrae e ci consola.
In effetti la coperta patchwork è consolatoria,ci anestetizza di fronte alla violenza e alle immagini che denunciano.Ci possono ancora essere,dunque ,dei punti di riferimento per i fotografi della nuova generazione?
Purtroppo con la fine delle ideologie e il predominio della televisione,la fotografia,sopratutto quella di protesta,non trova più grandi spazi. E con l'omologazione planetaria del costume,la curiosità, che è madre di tutti gli amori, diminuisce. Temo che alla fotografia"d'autore", non resti altro territorio che non quello lasciato libero dall'arte, che è un viaggio verso ignota destinazione. Non resta che dire: impara l'arte e mettila da parte. Oppure, la speranza è l'ultima a morire.

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