giovedì 24 aprile 2014

parliamo del diaframma




Il diaframma, da un punto di vista tecnico è pari alla  lunghezza focale dell’obiettivo in mm / diametro di apertura dell’obiettivo in mm.

 le lunghezze focali degli obiettivi nonché il loro diametro devono sottostare a degli standard ben precisi, tale che il loro rapporto sia sempre pari a dei valori standard definiti con il termine di stop o di f. I possibili valori di f sono:
f/1 – f/1,4 – f/2 – f/2,8 – f/4 – f/5,6 – f/8 – f/11 – f/16 – f/22 – f/32 – f/45 – f/64




Ne deriva che, per un obiettivo 50mm (la lunghezza focale) ci ritroveremo con i seguenti diametri:


  • 50mm / 1,4 = 35,7 mm (la massima apertura)
  • 50mm / 2 = 25 mm
  • 50mm / 2,8 = 17,8 mm
  • 50mm / 4 = 12,5 mm
  • 50mm / 5,6 = 12,5 mm
  • 50mm / 8 = 6,25 mm
  • 50mm / 11 = 4,54 mm
  • 50mm / 16 = 3,1 mm  (la minima apertura)
Il motivo per cui si è definita la succitata scala (detta diaframmale) è legata alla quantità di luce che passa attraverso la lente: questa deve essere sempre un multiplo o un sottomultiplo di un qualunque punto della scala diaframmale. Ciò significa che la quantità di luce che passa a f/16 è esattamente la metà di quella che passerebbe con F/11 mentre la luce che passa a f/4 è il doppio di quella che passa a f/5,6.
Il diaframma è anche direttamente legato alla qualità della nostra fotografia: realizzato con delle lamelle, è tanto migliore quanto maggiore è il numero di queste ultime: il motivo è da ricercarsi nella “forma” del foro che si forma al muoversi delle lamelle: un diaframma con 9 lamelle (il disegno sopra) permetterà di ottenere un foro abbastanza circolare. Un diaframma con un numero inferiore di lamelle produrrà necessariamente un foro “sfaccettato” che andrà ad incidere sul modo in cui la luce colpisce il sensore. Ovviamente più sono le lamelle più l’obiettivo è di qualità. Di contro, meno sono le lamelle più è facile ottenere un effetto boke senza dover ricorrere a degli “espedienti esterni”.
 Modificare il diaframma (l’apertura) senza toccare il tempo significa non rispettare la legge di reciprocità e quindi andare a sottoesporre o sovraesporre la fotografia. Per rendere l’idea, guardiamo la serie di scatti qui di seguito:





In un prossimo post parlerò dell'utilizzo meditato delle aperture del diaframma nella pratica fotografica e dei suoi effetti sull'immagine.
Cià..alla prossima puntata

martedì 15 aprile 2014

a proposito dell'Esposimetro

Qualche post fà ho sfiorato l'argomento esposimetro,in questo post tratterò l'argomento in modo più approfondito.

L’esposimetro delle reflex digitali (e delle compatte, tutti ne hanno uno) è di tipo TTL (Through the lens – attraverso l’obiettivo): questo riceve appunto la luce dall’obiettivo (quindi tiene conto dell’attenuazione dell’obiettivo stesso) e adatta i parametri di scatto (otturatore e tempo) al fine di ottenere la foto quanto più simile alla realtà possibile (in termini di luce). L’esposimetro interno ha un indubbio vantaggio: se cambiamo obiettivo o inseriamo un qualche filtro colorato o attenuatore dinanzi all’obiettivo stesso, l’esposimetro TTL ne terrà conto in fase di calcolo.
Di contro, l’esposimetro TTL non può leggere la luce incidente, ma solo la luce riflessa dal soggetto che vogliamo fotografare.  O meglio, non poteva leggere: esiste infatti un dispositivo tanto semplice quanto economico (siamo comunque nell’ordine delle 50€) che avvitato sull’obiettivo (come fosse un filtro) permette al sensore dell’esposimetro di ricevere anche la luce incidente e quindi considerarla nel calcolo. Questo dispositivo è chiamato Expodisc e permette di migliorare il calcolo finale dell’esposizione. A dire comunque il vero, una simulazione della luce incidente la si può ottenere anche con il cartoncino Kodak grigio 18%.



Un esposimetro a luce riflessa ha a disposizione lo stesso tipo di informazione che arriva alla pellicola o al sensore, fornendo così una misura direttamente utilizzabile. Per contro, se il suo angolo (campo) non è molto ristretto, non è possibile determinare se tale illuminazione proviene dal soggetto, oppure è prevalentemente luce ambientale, per esempio il cielo o uno sfondo molto chiaro. In questo caso, bisogna considerare anche la natura della scena ripresa ed effettuare le opportune compensazioni.
 Gli esposimetri esterni, invece misurano la luce incidente, ovvero  misurano la luce emessa dalla fonte luminosa (il sole, le lampade o il flash) e non tengono conto del grado di riflettenza del soggetto. Misurare in luce incidente equivale a misurare il cartoncino Kodak grigio 18%  illuminato dalla stessa luce che investe il soggetto (per questo il cartoncino va messo vicinissimo al soggetto). La lettura della luce incidente però non è sempre affidabile: se il soggetto è controluce è una misurazione assolutamente sbagliata.
Torniamo agli esposimetri e andiamo a vedere come funzionano. Ne esistono di vario tipo: possono essere per esempio al silicio, al selenio o al solfuro di cadmio. Nel primo caso la resa sarà molto uniforme in funzione del colore della luce, nel terzo caso la lettura sarà influenzata dal rosso che andrà ad “accecare” il nostro esposimetro. Il selenio invece non lo consideriamo, essendo praticamente impiegato solo per gli esposimetri esterni a causa della dimensione del sensore.  Se mettessimo un filtro rosso dinanzi l’esposimetro al solfuro di cadmio, sovraesporremmo tantissimo la foto per “l’errore” di lettura fatto dall’esposimetro stesso.
Gli esposimetri interni

Concentriamoci, in questo articolo, sugli esposimetri interni alle macchine fotografiche. Se vi siete fatti un giro nelle opzioni della vostra reflex o compatta, vi sarete accorti che esiste una sezione dove è possibile modificare il modo in cui l’esposimetro legge la luce. Sapete le differenze?


Misurazione Valutativa (Evaluative metering)
E’ quella “base”, ovvero quella che le macchine fotografiche settano di base. Funziona nel 90% dei casi ma nel restante 10% da risultati devastanti! In pratica la macchina fotografica utilizza l’intera immagine che colpisce il sensore per effettuare la valutazione dell’esposizione della esposizione. Viene fatta una media di tutte le zone, dalla più chiara alla più scura. Ottima se dovete fotografare panorami, per esempio.

Misurazione Parziale o Spot (Partial metering)
Da utilizzarsi nel caso di soggetti in controluce: se usassimo la valutativa, la luce del sole accecherebbe il sensore che bilancerebbe l’esposizione verso il basso, scurendo il soggetto che ci interessa fotografare. Il punto di lettura dell’esposizione a spot o parziale avviene nel centro della macchina fotografica (quindi attenti se applicate la regola dei terzi) e occupa due zone di differenti dimensioni: nella parziale circa l’8% della scena, nella spot circa il 3,5%. Ovviamente calcolare l’esposizione su un determinato punto, molto contrastato dal resto dell’immagine, porterà ad ottenere delle zone sovraesposte o sottoesposte (come il sole alle spalle del soggetto in controluce. Ovviamente in questo caso il soggetto stesso è a fuoco, quindi la foto è corretta).

Misurazione media pesata al centro (Center-weighted Average metering)
Con questa modalità abbiamo una via di mezzo tra la valutazione a spot/parziale e quella valutativa: si considera la foto intera per valutare l’esposizione ma dando un peso maggiore alla zona centrale. Nel caso della foto in controluce, troveremmo un soggetto più scuro di quello che otterremmo con la misurazione a spot ma probabilmente lo sfondo sarà meno sovraesposto.

I quattro esempi di differente misurazione dell'esposizione


Nella fotografia di sopra sono rappresentate 4 fotografie ottenute con i quatto differenti tipi di misurazione e precisamente:
  1. Modalità completamente automatica (1/50s, f/5.6);
  2. A priorità di apertura, misurazione valutativa (1/25s, f/4.5)
  3. A priorità di apertura, misurazione parziale (1/60s, f/6.3)
  4. A priorità di apertura, misurazione media pesata al centro (1/30s, f/4.5).
In un caso del genere, la modalità automatica e in media pesata non forniscono un risultato soddisfacente, al contrario della valutativa e della parziale.
La modalità di esposizione entra in crisi quando dobbiamo fotografare una scena attraverso una cornice, quali le pareti di una casa (attraverso una finestra):

Nelle prime due immagini si è fatta la lettura dell’esposizione prima sull’esterno e poi sulle pareti: l’effetto è drammatico in entrambi i casi con delle foto del tutto inappropriate. Questo è dovuto alla latitudine di esposizione limitata del sensore o della pellicola. Esporre facendo la media tra luci ed ombre significa rendere tutta la foto sovraesposta o sottoesposta. Esporre a spot significa sottoesporre o sovraesporre alcune parti. Come risolvere? Riducendo la latitudine di esposizione con un trucco: il flash! Se spariamo con il flash durante lo scatto, la parete verrà illuminata e la misurazione dell’esposizione valutativa andrà a prendere dei valori (interni ed esterni) molto più simili. Il risultato è la terza fotografia: l’esposizione è corretta.

La misura dell’esposizione in pratica


Cartoncino Kodak 18% grigio
I dati che giungono dalla lettura dell’esposizione, quindi, non sono sacrosanti ma vanno interpretati. E bisogna intervenire sui parametri di scatto per correggere eventuali errori o letture sbagliate.
Cominciamo con il fissare un paletto: l’esposimetro è sempre tarato per fornire l’esposizione corretta di un soggetto medio che riflette il 18% della luce che lo colpisce.
Questo ci permette, anche se abbiamo una macchina fotografica con esposimetro TTL, di leggere la luce incidente (anche se non direttamente): bisogna sistemare un cartoncino grigio 18% a ridosso del soggetto da fotografare e  misurare l’esposizione su di lui. Con quel parametro di esposizione (bloccandola, vedremo dopo come) andremo poi a scattare la nostra fotografia.
 Il cartoncino 18% è fondamentale soprattutto quando dobbiamo fotografare, nella stessa scena, soggetti con illuminazione molto differente. La luce riflessa infatti ci trarrebbe in inganno dandoci come risultato qualcosa di molto lontano dalla realtà. L’esempio classico è quello delle tre biglie della foto:  se misurassimo la luce riflessa proveniente (quindi a spot) dai tre oggetti avremo, a parità di tempo, tre aperture differenti (e tre foto sbagliate). Appoggiando su di esse un cartoncino 18% e scattando, otterremo invece una foto con la giusta esposizione molto prossima a come vediamo con i nostri occhi.

Esposimetri Esterni
Gli esposimetri esterni sono usati principalmente  in ambito professionale: un esposimetro esterno permette di misurare la luce incidente in un istante e quindi permette di tarare immediatamente la macchina fotografica. Il caso classico è quello del servizio fotografico in studio: una misurazione dell’esposizione con l’esposimetro interno della macchina rischierebbe di sballare le foto ed è comunque qualcosa di inutile se le luci non cambiano mai. Ad un fotografo amatoriale sconsiglio francamente di usarlo.

mercoledì 9 aprile 2014

parliamo del portfolio (il book di chi fotografa)

A richiesta mi accingo a scrivere un post sull'argomento portfolio.
E' un argomento difficile da trattare,non c'è una regola fissa su cosa,come e in che modo.
 Quando si costruisce un portfolio, la prima regola è che non esistono regole. Ma, oltre che delle immagini, bisogna tenere conto di altre caratteristiche: i testi, il formato, la carta, la stampa, la copertina. Mai come prima, infatti, a un giovane fotografo sono richieste conoscenze che non riguardano solo la fotografia: ad esempio, è necessario sapersi destreggiare con i programmi di grafica e design, così da personalizzare la propria proposta”.
Molto dipende dal soggetto a cui viene presentato,ovviamente se si cerca un appuntamento con il direttore commerciale di una azienda specializzata in candele profumate  non è consigliabile preparare un portfolio basato su foto macro dei caviccioliti  brambati del Mato Grosso,si presume che il direttore commerciale della predetta azienda non sia interessato all'agomento.Chi si occupa di foto di stock sarà interessato a immagini di tipo diverso dal responsabile di una rivista di moda o di informazione politica  ecc..ascoltate con attenzione i loro consigli(nel caso ve li diano) ma non fatevi influenzare più di tanto, se il vostro lavoro non coincide con il loro interesse,semplicemente scegliete meglio a chi presentarlo.
Vero è che se siamo fotografi di paesaggio, il nostro archivio sarà pieno di paesaggi e non di candele profumate.Quindi? quindi prima di preparare un portfolio, bisogna fare chiarezza con se stessi e decidere l'indirizzo da dare alla nostra professione,cosa non per tutti semplicissima e tenere presente durante la preparazione, di accostare immagini tra loro omogenee e coerenti, che riescano a dare a chi le osserva la giusta idea sul vostro stile, e in cosa e come, riuscite a dare il vostro meglio.
Bisogna preparare e selezionare dalle 15 al massimo 30 foto di grande impatto(il formato dal 20x30 al 30x40 è sufficiente),che non presentino sbavature, errori tecnici e di presentazione, che  rappresentino al meglio il vostro stile.Il vostro lavoro vi piacerebbe proporlo in bianco e nero? Potete farlo ma tenete presente,nel caso presentiate nel portfolio sia stampe a colori che bianco e nero, che durante la presentazione le stampe(immagini)colore e bianco e nero non vanno accostate,l'occhio osserva il colore diversamente dal bianco e nero,nel caso, cercate di presentarle accostandole secondo la tipologia.
Nel caso delle stampe, che siano curate alla perfezione,negli ultimi anni sono bene accette copie dvd con presentazione, ma ricordate che la qualità e l'impatto delle foto stampate hanno un valore diverso di quelle osservate su un monitor.Capiterà che i photo editor, gli art director ecc..vi chiedano di lasciargli in visione il portfolio,spesso non hanno tempo da dedicarvi,ma se accettano di prendere in visione il vostro lavoro è un buon segno,quindi siate pazienti e preparate più copie (almeno dei dvd).Quando andrete a ritirarle chiedete cosa è piaciuto del vostro lavoro,se osserveranno il portfolio durante la vostra presenza, cercate di capire quale immagini destano più attenzione e se ce ne sono,quali passano inosservate(se la cosa si ripete,cambiate queste ultime anche se a voi piacciono).
Se avete pubblicazioni che possano interessare l'interlocutore non dimenticate di inserirle nel portfolio,(fate dei ritagli netti e puliti)nel caso ancora non le avete perché siete all'inizio della professione, non demoralizzatevi ma focalizzate la vostra attenzione sulla qualità dei lavori che preparate.
Quello che state presentando è il vostro biglietto da visita, l'impressione che lascerete potrebbe essere anche l'ultima che vi viene concessa.La concorrenza è vastissima e molto competitiva,l'unico modo per differenziarvi dal numero è la qualità e l'originalità (cosa molto difficile da raggiungere). E' il caso di proporre anche foto di vostre ricerche personali? Non sempre,preparatele nel caso l'interlocutore sia interessato,ma presentatele come un extra del vostro portfolio,non è detto che influenzino in modo postitivo l'osservatore.
Nel caso la vostra fotografia sia rivolta a galleristi,avrete molta più libertà di scelta,la fotografia in questo caso verrà vista solo come un mezzo d'epressione paragonabile agli altri.
La fretta è vostra nemica,non scattate a caso puntando la fotocamera verso tutto ciò che vi colpisce.Non abbiate fretta,cercate di vincere l'ansia di ottenere subito risultati apprezzabili,bisogna accettare che non tutte le idee funzionano.Cercate di individuare un buon soggetto e di lavorarci su per almeno una mezza giornata o più,in modo di avere la migliore resa possibile.Cercate di ragionare concettualmente: è meglio puntare ad ottenere una bella immagine a settimana piuttosto che scattare decine di fotografie che si perderanno in mezzo agli scarti.Gran parte dei fotografi di successo, pubblicitari e non,sperimenta di continuo nuovi modelli e nuovi set per nuove immagini di esempio,molti altri scattano troppo poco (specialmente chi non si occupa di pubblicità) per sè.
Fate attenzione ai supporti di presentazione,devono essere sempre perfetti,non è vero che non conta come presentate il vostro lavoro.Le foto vanno montate seguendo una cadenza dinamica e coerente,non confondete il portfolio con un curriculum.Aprite il portfolio con foto di grande forza a finitelo con foto altrettanto forti,quelle in mezzo possono anche avere un  piccolo cedimento,nella mente dell'osservatore rimarranno comunque impresse le prime e le ultime.Nell'organizzare fisicamente il materiale,ragionate in termini di doppie pagine e mai di pagine singole.Assicuratevi sempre che la facciata sinistra si intoni a quella di destra;non usate mai un'immagine in conflitto con quella che le sta accanto,o che distrae.Le fotografie di una doppia pagina devono sempre essere in rapporto visivo,l'ideale,comunque,è che fra di loro ci sia una relazione cromatica,grafica e tematica.Se il book non ha anelli è meglio (sono pratici ma distolgono l'attenzione durante la lettura).
Il pass-partout di colore nero è considerato più gradevole(nelcaso delle foto bianco e nero anche grigio e bianco).Se optate per la laminatura scegliete quella lucida e cercate di rivestire anche l'intero dorso del laminato,che dovrebbe essere ricoperto di carta feltro.Quando sono protetti solo gli angoli il materiale tende a consumarsi.La laminatura deve essere perfetta,se la superficie appare bombata,brozzolosa o opaca significa che il laminatore non ha fatto a dovere il suo lavoro.
Potete sbizzarrire la vostra fantasia per lasciare un segno nella memoria della controparte).Ad esempio facendo stampare alcune foto(una decina) su un supporto di carta (13x18-formato fisarmonica per intenderci) da lasciare, quando portate il vostro portfolio.

Riassumo i PUNTI PRINCIPALI della fase selezione:
  • Fare una prima ampia selezione di foto che ci sembrano adatte al progetto.
  • Scegliere le foto di APERTURA e di CHIUSURA: considerando che il verso di lettura (anche fotografica) di noi occidentali è da sinistra verso destra e dall’altro verso il basso, la FOTO DI APERTURA dovrà portare il nostro occhio all’interno del progetto, e dovrà anche essere esteticamente una delle più forti.
  • La FOTO DI CHIUSURA sarà invece quella che metterà un punto al lavoro, che ne definirà la sua conclusione.
  • COERENZA (stilistica, tematica…): A seconda del lavoro, della sua finalità e quindi dell’effetto finale che vogliamo ottenere, sceglieremo se presentarlo per esempio a colori o in bianco & nero, o se creare una postproduzione particolare, oppure se presentare un lavoro con foto mosse o tutte sovra/sottoesposte. Qualunque sia la nostra scelta stilistica, questa dovrà essere coerente per tutto il lavoro, a meno che non si voglia dare una valenza particolare ad una singola foto che potrà essere rappresentata in modo diverso. Stesso discorso possiamo farlo sulla scelta della focale utilizzata… saltare da una foto grandandolata ad una molto zoommata rischia di rendere il progetto difficile da leggere… ma questa non è una regola così stretta, dipende sempre da ogni singolo caso.
  • NON ripetere IMMAGINI SIMILI: Il coraggio di escludere foto belle o che riteniamo importanti vale anche per questo punto… se abbiamo due foto simili o con lo stesso soggetto e non sappiamo quale scegliere… dobbiamo farci forza, ragionare su quale delle due (o più) meglio si adatta al progetto, e necessariamente dobbiamo scartare l’altra (o le altre).
  • Dovremo creare un “percorso visivo” tra le singole foto tenendo presente i colori, le linee di forza e le geometrie e prospettive delle foto che andremo ad accostare. Tutto questo ci aiuterà a creare un LAVORO PIACEVOLE NEL SUO COMPLESSO, e non bello solo perché le singole foto sono belle.
  • Meglio un Portfolio con POCHE FOTO, MA BUONE: una sola foto “incoerente” col complesso, rischia di stonare ed abbassare il livello di tutto il lavoro

Spero di esservi stato utile
buon lavoro

lunedì 7 aprile 2014

la prima reflex della storia

La prima reflex 35mm è della Exakta Kine I,presentata alla fiera di Lipsia nel 1936(sopra a sinistra),anche se in Russia esisteva già da qualche tempo il prototipo di un'altra reflex,la Gomz Sport (sopra a destra).Le prime reflex dotate di pentaprisma invece sono state la Rectaflex nel 1948(in basso a sinistra) e la Contax-S nel 1949(in basso a destra).
Il primato della commericalizzazione è Italiano,la Rectaflex prodotta a Roma in piccola quantità nel 1948.La diffusione di massa è però stata raggiunta solo l'anno successivo,quando la Zeiss-Jena ha commercvializzato la Contaz Spiegel o Contax S.

sabato 5 aprile 2014

curiosità dal neolitico: NIMSLO fotografia 3D

Nimslo è stato uno dei tanti fiaschi dell'industria fotografica.Venne presentato alla photokina del 1978,come primo apparecchio tridimensionale rivolto al grande pubblico.Questa era l'unica verità, perché in realtà il sistema adottato dalla Nimslo non era affatto nuovo.
La macchina era dotata di quattro obiettivi e la fotografia poi veniva stampata su una carta particolare che aveva una superficie formata da piccole lenti cilindriche.Questo faceva si, che a seconda di come si guardava la fotografia, questa appariva sotto punti di vista differenti, che l'occhio recepiva comunque come immagine singola, dando l'impressione della tridimensionalità.
Dopo la presentazione l'apparecchio a poco a poco sparì nel nulla.Infatti per diffondere questo sistema bisognava creare una rete di laboratori che usasse il trattamento specifico e utilizzasse carta con superficie lenticolare.Investimenti enormi che nessuno si sentì di affrontare.
Un'ultima curiosità:il nome della macchina era dato dall'unione dei cognomi di chi la presentò,l'americano Nims e il giapponese Lo.

mercoledì 2 aprile 2014

obiettivo macro fatto in casa

Gli obiettivi non sono oggetti particolarmente economici e, soprattutto se la fotografia macro non è il nostro settore preferito, la spesa per acquistare un obiettivo ad hoc potrebbe essere elevata. Esiste, però, una soluzione più economica: realizzare un obiettivo macro con le proprie mani.
Le strade percorribili per realizzare in casa un obiettivo macro sono più di una: si puà ricorrere a dei tubi di estensione, si può montare un obiettivo al contrario usando un  anello di inversione,oppure si può trasformare un obiettivo tradizionale in un obiettivo macro.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, ci servono due cose: un set di cacciaviti ed un obiettivo da sacrificare. Se avete qualche pezzo che non usate più, magari anche con la lente frontale rotta o graffiata, allora siete a cavallo: in pochi minuti potrete ridare vita al vostro vecchio obiettivo  trasformandolo in un obiettivo per la macrofotografia. Ovviamente, se non avete obiettivi sottomano da sacrificare, potete sempre rivolgervi ad eBay dove sicuramente potete trovare un vecchio obiettivo adatto al vostro scopo (cercate, appunto, qualche pezzo danneggiato sulla lente frontale).
Il trucco per realizzare un obiettivo macro  partendo da un obiettivo normale è nell’eliminare l’elemento frontale di quest’ultimo. Procedendo con un cacciavite, eliminate prima di tutto la cover plastica presente dinanzi al vostro obiettivo, quell’anello sui cui normalmente sono riportate le caratteristiche dell’obiettivo stesso.
 macro obiettivo Obiettivo macro fai da te

Quindi, con un cacciavite, svitate le tre viti che attaccano la lente frontale al resto dell’obiettivo. Eliminate fisicamente la lente in questione…e fermatevi. Adesso avete un obiettivo macro a tutti gli effetti. Certamente non si può dire che sia bellissimoma svolge egregiamente il suo lavoro, come si può vedere da questa foto:






macro obietivo 2 600x400 Obiettivo macro fai da te

Un obiettivo del genere ha ovviamente vantaggi e svantaggi. Il vantaggio maggiore è il costo, essendo nato da un obiettivo non più usato o comprato a poco prezzo su internet. Lo svantaggio maggiore è che la profondità di campo sarà molto più stretta di un obiettivo macro vero. Per bilanciare questo piccolo problema, il consiglio è quello di scattare le fotografie tenendo il diaframma più chiuso possibile. Ovviamente, con il diaframma chiuso, ci potrebbero essere problemi di luce in caso di scarsa illuminazione, per cui portatevi dietro sempre un cavalletto ed un flash esterno.

A proposito, eliminando l’elemento frontale manderete a pallino la messa a fuoco automatica: spegnetela e mettete a fuoco a mano.

Buon divertimento...

martedì 1 aprile 2014

movimento dell'otturatore ripreso in slow motion


La vita media dell’otturatore di una reflex varia da modello a modello in funzione della qualità costruttiva e dei materiali impiegati nonché a quanta cura abbiamo del nostro apparecchio.
Strapazzare una macchina fotografica, farla cadere o esporre l’interno della stessa agli agenti atmosferici (vento o polvere che sia, senza parlare dell’acqua) è uno dei modi migliori per ridurre drasticamente il numero di scatti che, ipoteticamente, possiamo realizzare.
Per quanto riguarda le reflex entry level, come la maggior parte delle half frame, i produttori quantificano intorno a 100.000 il numero degli scatti effettuabili, numero che sale drasticamente passando alle full frame e soprattutto alle ammiraglie: 200.000 e 300.000 scatti sono infatti numeri abbastanza comuni in questa categoria.



otturatore1 Qual è la vita media dellotturatore di una reflex
I numeri forniti dai produttori, in ogni caso, sono sottodimensionati: una reflex “garantita” per 100mila scatti arriverà probabilmente intorno ai 150/180mila senza mostrare segni di cedimento (se trattata bene). Ovviamente, nel caso siate abituati a cambiare spesso le ottiche senza prendere le più elementari precauzioni (come puntare l’obiettivo verso il basso prima di staccarlo o effettuare questa operazione in zone poco polverose e ventose), potete dimenticarvi di arrivare a questi valori e probabilmente sarà necessario un ciclo di manutenzione ben prima di giungere alla soglia definita dal produttore.

Nel caso siate giunti a fine vita del vostro otturatore, prima di procedere alla sua sostituzione, vi dovete porre una semplicissima domanda: quanti anni ha la vostra macchina fotografica? Se siete dei fotoamatori (e l’otturatore non si è rotto per cause terze come un incidente), probabilmente la vostra reflex ha un’età veneranda. In questo caso, considerando che le spese di sostituzione si aggirano intorno ai 250/300 euro (di solito 100/150 euro per l’otturatore, il resto di manodopera), ha più senso acquistare una nuova reflex (scelta che consiglio nel caso si usa una half frame): risparmierete e soprattutto aggiornerete il vostro apparecchio.
La seconda domanda da porsi è perché si è rotto l’otturatore. Nel caso non si sia giunti al fine vita, probabilmente la vostra reflex ha subito dei danni che hanno contribuito alla sua rottura: siete sicuri che non ci siano altre componenti a rischio, come il pentaprisma (sicuri che non si è incrinato) o gli specchi? Ricordatevi che anche il movimento degli specchi è soggetto ad usura ed è maggiormente influenzabile da agenti esterni come la polvere. Nel caso abbiate dei dubbi in proposito, fate sempre fare un check completo alla vostra reflex. Check che, in caso di danni e relative sostituzioni, può arrivare a costare anche più di 500 euro: un preventivo è sempre necessario prima di affidarsi ad un centro riparazione.
Chi può sostituire i componenti di una reflex? Ci si può rivolgere ai centri assistenza del brand della vostra reflex (di solito costosi) così come a parecchi studi fotografici (specie nelle grandi città). Questi ultimi sono sicuramente più economici ma attenzione alla qualità del lavoro svolto: chiedete in giro ed informatevi prima di affidare la vostra reflex a mani non esperte.

Come fare per sapere quanti scatti ha effettuato la mia reflex?

Sia che si usi una Nikon o una Canon, basta andare a leggere i dati EXIF (esistono tantissimi programmi free che permettono di farlo): tra di essi troverete il numero totale di scatti effettuato dall’inizio della vita della macchina.